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L’“autosospensione” dell’amministratore di s.p.a. tra prassi e disciplina legale (lacunosa)
Febbraio 2021
Con l’autosospensione l’amministratore di una società o di un ente decide, in via del tutto autonoma, di interrompere volontariamente e provvisoriamente l’espletamento delle proprie funzioni. Il fenomeno, pur essendo sguarnito di qualsiasi fondamento legislativo – anche di soft law – si è da tempo posto all’attenzione della prassi societaria.
L’assenza di indicazioni legislative fa emergere alcune problematiche – amplificate dalla mancanza di precedenti giurisprudenziali – circa natura ed effetti del fenomeno, che prescindono dalle precipue motivazioni che possono indurre l’amministratore ad autosospendersi.
Ad ogni modo, non pare possibile accostare la fattispecie in esame ad altri istituti tipici della s.p.a.: rinuncia, revoca e decadenza si rivelano incompatibili con l’autosospensione.
Innanzitutto, si pone il tema di quale sia la condizione giuridica dell’amministratore che si sia autosospeso. Con riguardo ai poteri ed ai diritti dell’amministratore autosospeso, non risulta affatto possibile un’equiparazione né con un non amministratore né con un amministratore pienamente in carica.
Con riferimento invece ai rapporti con l’organo di appartenenza e, in particolare, ai flussi informativi, può rivestire importanza decisiva la circostanza se la sospensione riguardi tutte le funzioni svolte dall’amministratore ovvero sia limitata ad alcune di esse.
Sul piano degli adempimenti informativi, pochi dubbi paiono esservi circa la necessaria comunicazione al mercato nonché alla (o alle) Autorità di vigilanza, in caso di emittenti quotate. Al contrario e più in generale per il diritto societario comune, in merito ad una eventuale iscrizione della decisione nel Registro delle Imprese, la soluzione dipenderà dalla predilezione del principio di completezza piuttosto che del principio di tipicità delle iscrizioni.
Pur in assenza di uniformità di vedute, si comprende come l’autosospensione non debba e non possa comunque inficiare in alcun modo il buon funzionamento dell’organo sociale cui l’amministratore appartiene.
Donde, anche in considerazione sia delle esigenze di certezza circa le vicende societarie sia degli incerti confini della figura in questione, la fondata perplessità per il riconoscimento di piena legittimità di siffatta prassi, fatta salva la giusta autonomia dell’organo consiliare nel regolare il proprio funzionamento ed ammettere, in forme rigide e limitate nel tempo, la possibilità che un amministratore possa, anche per ragioni obiettive, dichiarare che per un certo periodo di tempo non potrà svolgere la sua funzione.