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Profili di responsabilità nella fusione tra normativa di legge e regolamentazione pattizia dell’operazione
Novembre 2015
La salvaguardia delle posizioni soggettive coinvolte in un’operazione di fusione si
muove, ex post, dalla tutela reale a quella risarcitoria, non essendo consentito,
come risaputo, a soci e creditori far valere motivi di invalidità dell’operazione
successivamente all’iscrizione nel registro delle imprese (art. 2504-quater c.c.).
Rilevanti profili di incertezza permangono, peraltro, in ordine al titolo della
responsabilità e al perimetro dei soggetti legittimati passivi (esponenti delle
società coinvolte, esperto, società derivante dalla fusione, notaio, socio di
controllo).
La disciplina di legge, al riguardo, delinea dettagliatamente il procedimento
relativo alla fusione, ma evita, parrebbe in modo voluto, qualsiasi precisazione in
merito alla natura della stessa responsabilità e all’ampiezza dei potenziali
destinatari delle contestazioni a fronte di irregolarità o violazioni nell’ambito
dell’operazione. Donde la presenza di non trascurabili problematiche applicative
che si manifestano non soltanto relativamente a un rapporto di concambio ritenuto
incongruo dai soci, ma anche (e forse soprattutto) laddove emergano, anche dopo
molto tempo, minusvalenze per la società derivante dalla fusione non rilevate in
sede di valutazioni prodromiche da parte degli esponenti e dell’esperto.
Nella prospettiva considerata, la normativa di legge in materia di responsabilità
per danno da fusione viene a sovrapporsi con i rimedi risarcitori comunque
consentiti in ambito societario nei confronti degli esponenti della società e del
soggetto che esercita la direzione unitaria, nonché con la disciplina contrattuale
che regola il conferimento dell’incarico all’esperto.
Ulteriore disciplina pattizia che si sovrappone alla legge è costituita dagli accordi
di fusione. Si tratta di contratti stipulati tra i soci principali delle società
interessate con l’intervento, talvolta, di queste ultime. Gli accordi di fusione, nella
prassi operativa, assumono forme e contenuti alquanto eterogenei, ma improprio
dovrebbe essere qualsiasi accostamento ai contratti aventi a oggetto l’acquisizione
di partecipazioni societarie. Nelle fusioni, infatti, alla verifica della consistenza
patrimoniale delle società coinvolte è già finalizzato l’iter procedimentale previsto
dalla legge senza la necessità di ulteriori verifiche ovvero di impegni e garanzie
da parte dei soci. Incerta, del resto, è la portata di queste obbligazioni nel
momento della loro concreta applicazione, così come non è agevole il loro
coordinamento con la disciplina codicistica in tema di fusione, che, come detto,
appare di per sé idonea a tutelare le molteplici posizioni soggettive coinvolte in
queste operazioni.