Tra le società di persone, la società in accomandita semplice si conferma modello molto utilizzato nella prassi e, anzi, la sua rilevanza e’ crescente, in particolare nel contesto delle società familiari, trovando finanche nuovi spazi nei passaggi generazionali delle imprese.
Il quadro normativo è, notoriamente, nella sostanza legato all’impianto del Codice Civile del 1942, essendo nel tempo rimasti senza seguito i progetti di riforma per una riforma organica delle società di persone. Ciò nondimeno, le società di persone non sono rimaste estranee ad alcuni, più o meno diretti, interventi del legislatore, con circoscritte ricadute soprattutto sul piano della governance.
Vengono riconosciuti alla società in accomandita semplice ampi margini di flessibilità, anche maggiori di quelli propri della s.r.l.
Beninteso, fermi gli ineludibili i dogmi della (i) necessaria pluralità dei soci e quindi della compresenza delle due categorie rispettivamente di “accomandanti” e “accomandatari”, nonché del (ii) divieto di immistione nella gestione del socio accomandante che è previsto, dall’art. 2320 c.c., a contrappeso del beneficio della responsabilità limitata.
In particolare, l’autonomia statutaria può declinare e articolare la posizione del socio accomandante, per modulare e regolare la relativa interessenza nell’attività gestionale, ad esempio ampliando l’ambito delle autorizzazioni e dei pareri ex art. 2320 c.c., in correlazione al contesto e ai concreti interessi sottesi alla specifica operazione societaria.
Più in generale, nella società in accomandita semplice – con la riconosciuta possibilità delle società di capitali di partecipare a società di persone e dell’ulteriore possibilità di un amministratore-persona giuridica – risulta più agevole la commistione, per vari versi positiva, tra società di capitali e società di persone nella configurazione di assetti e ruoli sia dei soci accomandanti che accomandatari.