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Categoria di azioni, diritti speciali e limiti di validità

Aprile 2022

In materia di società per azioni, l’articolo 2348, comma 2, cod. civ. riconosce la facoltà di emettere delle categorie speciali di azioni, fornite di diritti diversi rispetto a quelli spettanti ai titolari di azioni ordinarie.
La Riforma del 2003, nel solco di una progressiva diversificazione dell’investimento azionario, ha inciso in un duplice senso sulle categorie speciali di azioni, prevedendo, da un lato, fattispecie tipiche di azioni speciali che si aggiungono a quelle già previste nel Codice Civile e nel Testo Unico della Finanza e ampliando, dall’altro lato, i limiti dell’autonomia statutaria con riguardo alle azioni speciali atipiche.
In particolare, sancendo che “la società, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie”, il legislatore ha inteso ampliare l’autonomia statutaria nella creazione di categorie atipiche di azioni speciali e nella determinazione dei diritti ad esse attribuiti, dilatando il contenuto “potenziale” della partecipazione azionaria fino a ricomprendere nel perimetro elettivo tutto ciò che non possa dirsi in contrasto con i “limiti imposti dalla legge”.
In questa prospettiva, è stato sostenuto che risulta idonea a fondare una categoria azionaria qualsiasi situazione giuridica soggettiva astrattamente attribuibile alle azioni (e quindi compatibile con i limiti generali derivanti dalla causa societatis e dalla disciplina inderogabile del tipo nonché con specifici limiti e divieti di legge) e astrattamente suscettibile di una diversa attribuzione ad una parte delle azioni rispetto alle generalità delle stesse.
Quanto ai limiti posti all’autonomia statutaria, si è soliti distinguere tra limiti espressamente previsti dal legislatore e limiti implicitamente contenuti nel sistema del diritto azionario. Appartengono alla prima tipologia i limiti costituiti: (i) dall’obbligo di eguaglianza dei diritti attribuiti ad ogni azione nell’ambito di ciascuna categoria (articolo 2348, comma 3, cod. civ.); (ii) dal divieto di emettere “azioni fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore” a prescindere dagli utili risultanti dal bilancio della società (art. 2350, ultimo comma, cod. civ.), nonché (iii) dal divieto di emettere azioni a voto limitato in misura complessivamente superiore alla metà del capitale sociale (art. 2351, comma 2, cod. civ.).
Con riferimento ai limiti deducibili dal sistema, occorrerà verificare di volta in volta la compatibilità di azioni con contenuto diverso con gli aspetti tipologici fondamentali e inderogabili dell’organizzazione societaria. In questo contesto, in applicazione del principio generale del c.d. divieto di patto leonino (articolo 2265 cod. civ.), si nega la possibilità di emettere categorie speciali di azioni che comportino una sostanziale sterilizzazione dei risultati economici attivi e passivi della società, escludendo così ogni partecipazione alle perdite e agli utili.
Al di fuori dell’ambito delle fattispecie di azioni speciali nominate dalla legge (quali, le azioni di godimento, le azioni di risparmio, le azioni privilegiate, postergate e correlate nonché le azioni prive del diritto di voto o a voto limitato, subordinato o plurimo), l’autonomia statutaria può oggi esprimersi disegnando liberamente lo statuto delle azioni speciali, a seconda dell’operazione in funzione della quale queste ultime sono emesse o delle prerogative ritenute di maggior attrattiva per i potenziali partecipanti al capitale sociale.
Lo statuto delle azioni speciali c.d. atipiche può in sostanza essere variamente modulato e configurato come variazione rispetto alle azioni ordinarie tanto rispetto ai diritti amministrativi, quanto rispetto ai diritti patrimoniali (o entrambi), per realizzare e comporre delicati equilibri contrattuali, consentendo, pur in linea con il principio dell’uguaglianza dei diritti nell’ambito della medesima categoria, una “personalizzazione” della partecipazione azionaria con riferimento ai diritti patrimoniali ed amministrativi, quali, ad esempio, diversificati diritti di governance che consentano una tutela rafforzata di nuovi investitori nell’ambito di una operazione di rafforzamento del capitale sociale.
A titolo meramente esemplificativo, è stata riconosciuta la legittimità di clausole statutarie che prevedano (i) una categoria speciale di azioni a voto “determinante”, con riferimento ad una clausola statutaria che attribuisca alla categoria speciale il diritto di subordinare al voto favorevole di tutte o parte delle azioni della categoria, l’approvazione di una o più deliberazioni assembleari, fatta eccezione per le deliberazioni di approvazione del bilancio e di nomina e di revoca delle cariche sociali (cfr. Consiglio Notarile di Milano, Massima n. 73 del 22 novembre 2005); (ii) una categoria speciale di azioni dotate del diritto di nominare un certo numero di esponenti aziendali (cfr. cfr. Consiglio Notarile Milano, Massima n. 142 del 19 maggio 2015).
L’introduzione in statuto di speciali categorie di azioni potrebbe incidere sui diritti partecipativi degli altri azionisti e comportare un diritto di recesso per gli stessi, ai sensi dell’art. 2437, comma 1, lett. g), cod. civ.

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