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Contratti di swap ed esercizio del diritto di recesso ex art. 30, comma 6, TUF
Marzo 2024
La Corte di Cassazione si è di recente pronunciata in ordine al perimetro applicativo dell’istituto del recesso ex art. 30, comma 6, TUF in relazione a contratti derivati anteriori al 1° settembre 2013, fattispecie per le quali non vi erano precedenti nella giurisprudenza di legittimità.
Come noto, la disciplina dell’offerta fuori sede – e specificamente lo jus poenitendi e l’onere di indicare tale diritto al cliente, sotto pena di nullità, di cui, nel vigente quadro normativo, all’art. 30, commi 6 e 7, TUF – trovava da principio applicazione per peculiari ipotesi determinate di operatività, i.e. i servizi di collocamento e di gestione di portafogli individuali. L’Autorità di vigilanza di settore interpretava restrittivamente il dato normativo (v. la Comunicazione Consob n. DIN/12030993) mentre una pronuncia del Giudice di legittimità (Cass. SS.UU., 3 giugno 2013, n. 13905) ne aveva esteso l’ambito di applicazione, riferendolo anche a servizi diversi da quelli di collocamento e gestione di portafogli, purché a fronte di una effettiva esigenza di tutela del contraente.
Il (successivo) D.L. n. 69/2013 ha previsto l’applicabilità delle previsioni dell’art. 30, comma 6, TUF anche al servizio di negoziazione in conto proprio, e ciò, espressamente, per i soli contratti sottoscritti a decorrere dal 1° settembre 2013. Giurisprudenza di merito, con posizione non univoca, affermava l’applicazione retroattiva della previsione anche ai contratti anteriori alla novella.
In tale contesto, è quindi intervenuta la sentenza della Corte di legittimità del 29 gennaio 2024, n. 2675 che, con riferimento a un contratto derivato di Interest Rate Swap stipulato nell’anno 2012 ha affermato – in coerenza con la citata decisione SS.UU. n. 13905/2013 – l’esigenza di una verifica in concreto delle effettive esigenze di tutela del contraente, non potendosi, in difetto, dare luogo sic et simpliciter a una estensione dell’operatività del diritto di recesso. Il diritto di recesso, infatti, è stato introdotto dal legislatore quale tutela per escludere l’“effetto sorpresa” per il cliente contraente, tutela che, secondo la disciplina normativa a quel momento vigente, non era invocabile nel caso di pianificazione complessiva dell’operazione economico-finanziaria, anche con la formalizzazione notarile del contratto di finanziamento.
La pronuncia della Corte di legittimità rileva nella prospettiva di una equilibrata applicazione della tutela ex art. 30, comma 6, TUF nel contenzioso tra clienti e intermediari per operazioni anteriori alla novella di cui all’art. 56-quater D.L. n. 69/2013.