Segnalazioni
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Estensione del principio della retroattività della lex mitior alle sanzioni amministrative di t.u.b. e t.u.f.
Luglio 2018
(contributo pubblicato nella rivista on-line dirittobancario.it – luglio 2018)
Avv. Paolo Cadili, Studio Legale Avv. Prof. Mario Cera – Milano
1. Argomenti a sostegno dell’applicazione retroattiva della norma sanzionatoria
(ritenuta) più favorevole
Le parti di t.u.b. e t.u.f. che delineano i rispettivi sistemi sanzionatori amministrativi sono
caratterizzate dalle stratificazioni derivanti dai ripetuti e ravvicinati interventi di riforma
che, anche recentemente, le hanno interessate.
In un quadro di indubbia complessità, frequente è la contestazione, nei procedimenti
promossi da Banca d’Italia e Consob e in quelli di opposizione dinanzi all’Autorità
Giudiziaria, della disciplina oggetto di applicazione. Non è raro, infatti, che i soggetti
coinvolti invochino la retroattività delle disposizioni di più recente introduzione pur in
assenza di una norma che espressamente la consenta. Questa prospettazione si fonda sulla
tesi della natura sostanzialmente “afflittiva” di sanzioni qualificate come amministrative
con la correlata estensione delle garanzie previste dalla Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo (CEDU) e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Il tema
viene posto, soprattutto, riguardo alle modifiche apportate a t.u.b. e t.u.f. dal d.lgs. n. 72
del 2015 in attuazione della direttiva 2013/36/UE (CRD IV), delle quali è stabilita
l’applicazione alle violazioni commesse dopo l’entrata in vigore della normativa
secondaria demandata alla Banca d’Italia e alla Consob secondo le rispettive competenze
(cfr. gli artt. 2, comma 3, e 6, comma 2, del decreto)
.
Va evidenziato che, a seguito del d.lgs. n. 72 del 2015, società ed enti sono divenuti diretti
destinatari della sanzione e non risultano meri obbligati in via solidale, come in
precedenza. Quanto agli esponenti aziendali e al personale, la sanzione può essere
comminata solo a seguito dell’accertamento dei presupposti indicati dalla legge, tra cui
la positiva valutazione circa l’incidenza della specifica condotta rispetto alla violazione
(artt. 144-ter t.u.b. e 190-bis t.u.f.). Quest’impostazione, confermata dai successivi
interventi del legislatore, consentirebbe di meglio distinguere ruoli e posizioni dei singoli
e di evitare automatismi e oggettivizzazioni nell’esercizio del potere punitivo delle
Autorità di Vigilanza per il mero fatto di ricoprire una carica o svolgere una qualche
funzione in banche e intermediari finanziari.
In buona sostanza, la disciplina più recente è ritenuta applicabile anche a situazioni
precedenti il momento di sua entrata in vigore, in quanto, da un lato, concerne sanzioni
amministrative di cui si afferma il carattere “afflittivo” con la conseguente estensione, in
via interpretativa, delle garanzie proprie del sistema penale e, da altro lato, appare come
la più favorevole nella prospettiva degli esponenti e del personale.
2. Afflittività e retroattività: gli orientamenti della giurisprudenza e delle Autorità
di Vigilanza
L’“afflittività” dei regimi sanzionatori amministrativi di t.u.b. e t.u.f. è costantemente
negata da Banca d’Italia e Consob in linea con gli indirizzi espressi dalla giurisprudenza,
che comunque distingue fra le sanzioni in materia di abusi di mercato (per cui è in effetti
riscontrato il carattere “afflittivo”: sul punto si tornerà nel successivo paragrafo) e le altre
fattispecie previste da entrambi i Testi Unici. Per queste ultime, l’esclusione della natura
sostanzialmente penale farebbe venir meno ogni possibilità di applicazione retroattiva
della lex mitior.
L’esigenza che traspare è di evitare improprie espansioni del perimetro della “afflittività”
e, così, l’indifferenziata assimilazione delle sanzioni amministrative di t.u.b. e t.u.f. alle
pene in senso proprio. D’altronde, viene messo in dubbio, con riferimento al d.lgs. n. 72
del 2015, che la normativa più recente sia anche quella maggiormente favorevole per le
persone fisiche e, anzi, è rilevato un inasprimento delle sanzioni sia pur legato a
presupposti parzialmente diversi.
In base a questo orientamento di giurisprudenza e Autorità di Vigilanza, il principio
considerato, nel caso di successione di leggi nel tempo, è quello del tempus regit actum
quale previsto in via generale in materia di sanzioni amministrative ai sensi della l. n. 689
del 1981. Coerente con detto principio è la già citata normativa transitoria delineata nel
d.lgs. n. 72 del 2015, la quale conferma che le modifiche a t.u.b. e t.u.f. riguardano
unicamente violazioni commesse dopo l’entrata in vigore delle disposizioni attuative di
Banca d’Italia e Consob. La chiara opzione compiuta dal legislatore con il d.lgs. n. 72
del 2015, insieme all’esclusione della natura sostanzialmente penale delle sanzioni,
conduce a ritenere infondata l’interpretazione prospettata dagli interessati in ordine
all’applicazione retroattiva della (affermata) lex mitior e, così, a respingere le eccezioni
formulate sul punto nelle difese svolte dai medesimi nei procedimenti avviati dalle
Autorità e in giudizio.
3. Precisazioni sulla questione di legittimità costituzionale sollevata riguardo alla
disciplina transitoria del d.lgs. n. 72 del 2015
La giurisprudenza, come dianzi segnalato, riconosce il carattere “afflittivo” delle sanzioni
amministrative previste dal t.u.f. in tema di abusi di mercato, richiamando i criteri e gli
indirizzi espressi dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Corte di Giustizia
dell’Unione Europea11. Da questa qualificazione è derivato il promuovimento di questioni
di legittimità costituzionale che sono risultate dirette a verificare la conformità di vari
profili della relativa disciplina rispetto alle garanzie in materia penale.
Tra le questioni pendenti ci si deve qui soffermare su quella inerente alla disciplina
transitoria delineata dal d.lgs. n. 72 del 2015 riguardo al t.u.f. (art. 6, comma 2, del
decreto), che è stata sollevata dalla Corte d’Appello di Milano nell’ambito di un
procedimento di opposizione concernente un caso di abuso di informazioni privilegiate.
L’ordinanza di rimessione muove dall’accertamento della natura “afflittiva” della
sanzione opposta al di là della qualificazione come amministrativa operata dal legislatore;
quindi, prospetta una situazione di contrasto tra l’esclusione della retroattività della lex
mitior e gli artt. 3 e 117 Cost., quest’ultimo rispetto all’art. 7 CEDU.
Il Giudice remittente non trascura i già richiamati orientamenti giurisprudenziali in merito
all’inapplicabilità della disciplina introdotta con il d.lgs. n. 72 del 2015 a fatti precedenti
il momento di sua entrata in vigore. E’ altresì considerato che la Corte Costituzionale ha
ritenuto infondati i dubbi di costituzionalità formulati in relazione all’art. 1 della l. n. 689
del 1981, nella parte in cui non prevede l’applicazione della legge sopravvenuta più
favorevole agli autori di illeciti amministrativi. La Corte d’Appello di Milano osserva
comunque che tale ultimo pronunciamento ha riguardato “l’affermazione di un vincolo di
matrice convenzionale in ordine alla previsione generalizzata (…) del principio della
retroattività della legge più favorevole, da trasporre nel sistema delle sanzioni
amministrative”; viceversa, la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla
stessa Corte d’Appello “non si riferisce alla generalità delle sanzioni amministrative, ma
unicamente a una previsione normativa di carattere certamente afflittivo”, a cui va perciò
limitata.
4. Alcuni spunti sull’“afflittività” delle sanzioni amministrative di t.u.b. e t.u.f.
Dalla ricostruzione pur sommaria che precede, emerge che l’estensione del principio della
retroattività della norma più favorevole è da valutare rispetto alle singole fattispecie
sanzionatorie amministrative di t.u.b. e t.u.f. e non, invece, in generale relativamente ai
complessivi sistemi delineati negli stessi Testi Unici; inoltre, che si deve verificare,
riguardo a ciascuna di tali sanzioni, se sussistano i presupposti per affermarne la natura
sostanzialmente “afflittiva”. Di qui l’esigenza di analizzare gli interessi protetti, la
funzione e la tipologia della sanzione, nonché la sua gravità, che è da considerare anche
rispetto all’incidenza nella sfera personale degli autori delle violazioni.
Risulta, in quest’ultima prospettiva, il progressivo ampliamento dei casi per cui la legge
stabilisce la comminazione, automatica o eventuale, di sanzioni amministrative
accessorie comportanti la perdita dei requisiti di idoneità e l’interdizione a operare nei
settori bancario e finanziario. E’ comunque da osservare che analogo impedimento
potrebbe derivare dalla applicazione di sanzioni amministrative solo pecuniarie a fronte
della disciplina che si va delineando, in sede europea e nazionale, in tema di accertamento
dei requisiti di idoneità degli esponenti di banche e intermediari finanziari. Ai fini di tale
valutazione, pur in assenza di automatismi, assume rilevanza l’irrogazione di qualunque
sanzione amministrativa per illeciti in materia societaria, bancaria e finanziaria, come
pure lo svolgimento di incarichi in enti a cui sia stata inflitta una sanzione da una Autorità
di Vigilanza.
Al di là di tali previsioni e orientamenti, si deve altresì richiamare l’attenzione sui delicati
e rilevanti riflessi reputazionali per isoggetti che operano nei settori bancario e finanziario
correlati alla comminazione di sanzioni amministrative e, ancor prima, al mero
coinvolgimento in procedimenti sanzionatori. Diviene prioritario per gli stessi evitare non
solo un esborso monetario, quand’anche di rilevante ammontare, quanto, piuttosto,
negative ripercussioni sulla fiducia di cui si gode nell’ambiente di riferimento. Non può
nemmeno trascurarsi che gli accertamenti compiuti dalle Autorità di Vigilanza possono
costituire il fondamento di ulteriori tipologie di responsabilità di natura sia civile che
penale, con altri gravi riflessi personali. E’ noto, in proposito, l’indirizzo della
giurisprudenza di attribuire alle risultanze di questi accertamenti un pregnante grado di
attendibilità in ragione della qualità degli enti dai quali provengono.
Va invero segnalato che, proprio richiamando l’incidenza sotto il profilo reputazionale
degli interventi delle Autorità di Vigilanza, talune pronunce di merito hanno accertato la
natura “afflittiva” di sanzioni amministrative del t.u.f. diverse da quelle relative agli abusi
di mercato. In queste decisioni, si individuano, quali indici dell’“afflittività”, la gravità
delle sanzioni pecuniarie previste dagli artt. 190 e 191 t.u.f., l’esclusione dell’applicabilità
dell’art. 16 della l. n. 689 del 1981 circa il pagamento in misura ridotta e, soprattutto, il
regime pubblicitario dei provvedimenti sanzionatori e le conseguenti ripercussioni per
l’immagine dei destinatari. La rilevazione del carattere sostanzialmente penale ha dato
luogo al promuovimento di questioni di legittimità costituzionale, che hanno riguardato
il profilo della pubblicità del giudizio in relazione alla norma procedurale dell’art. 195,
comma 7, t.u.f. e il principio del ne bis in idem con riferimento ai provvedimenti cautelari
nei confronti di consulenti finanziari.
Analoghe aperture, sempre quanto a fattispecie sanzionatorie estranee agli abusi di
mercato, non risultano invece riguardo alla questione qui considerata dell’individuazione
della disciplina applicabile nel caso di successione di leggi nel tempo. Come si è visto,
nonostante le sollecitazioni provenienti dai destinatari delle contestazioni, la
giurisprudenza e, in linea con essa, le Autorità di Vigilanza sono rimaste allo stato ferme
nell’escludere qualunque riconsiderazione in ordine all’estensione del principio della
retroattività della lex mitior. In questa prospettiva, risultano sinora obliterate le istanze
volte a una maggiore tutela della posizione dei soggetti passivi, pur essendo la stessa
potenzialmente incisa, per i rilevanti effetti sopra descritti, dagli interventi di carattere
sanzionatorio delle Autorità di settore.