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Il trust di patrimonio immobiliare/societario: venir meno dello scopo e durata eccessiva
Maggio 2022
Lo scopo di un trust è normalmente specificato nell’atto costitutivo ed è alla realizzazione di esso che il trustee deve provvedere, attuando tutte le attività ritenute dallo stesso necessarie e senza che il beneficiario, o i beneficiari, possano intervenire o indirizzare le relative scelte.
Vi è da considerare, tuttavia, cosa accada quando lo scopo del trust, quale voluto dal disponente, sia effettivamente già raggiunto o al contrario sia divenuto impossibile o, ancora, quando il trust, costituito in favore dei beneficiari, sia in realtà divenuto contrario agli interessi degli stessi, essendosi previsto che esso prosegua ancora a lungo, a volte per molti anni, da un lato eccedendo la vita di uno o più beneficiari e, dall’altro, riducendo l’attività del trustee a mero “mantenimento” o anche solo monitoraggio, laddove lo scopo iniziale del trust fosse stato diverso e dinamico (immobiliare, per esempio, o di gestione di partecipazioni societarie). È evidente che con la costituzione di un trust, in generale, si voglia conseguire un risultato continuativo “di gestione”, ossia la soddisfazione di un bisogno continuo nel tempo; tuttavia, possono darsi dei casi in cui il bisogno, l’interesse non può più essere conseguito mediante il mantenimento della segregazione patrimoniale, ma si manifesta come immediato e non procrastinabile.
In questi casi, la legge reggente del trust di norma prevede cosa possano e non possano fare i beneficiari; tra le altre, la Legge sui Trust di Jersey del 1984 – forse la più richiamata anche in ambito italiano – dispone che i beneficiari concordemente possano decidere di dar termine al trust, divenuto inconvenient per gli stessi, anche prima dello spirare del termine finale fissato dal disponente, con conseguente devoluzione in loro favore dei beni fino a quel momento segregati (cfr. sec. 43 della Trusts Jersey Law, così come la sec. 53 della Trusts Guernsey Law del 2007).
Diverso potrebbe essere, tuttavia, il caso in cui non tutti i beneficiari fossero d’accordo per una cessazione anticipata del trust, potendo alcuni avere interesse personale alla prosecuzione dello stesso; in questi casi, il trustee non avrebbe, di fatto, il potere di sciogliere autonomamente il legame fiduciario e dovrebbe, quindi, proseguire nella propria attività, anche se, col tempo, divenuta significativamente diversa da quella in origine prevista dal disponente, come prima si esemplificava, se non addirittura inutile. Stante la necessità di una posizione unanime dei beneficiari circa lo scioglimento anticipato del trust, questo meccanismo potrebbe in alcuni casi comportare un abuso dei propri poteri da parte di uno o alcuni tra i soggetti beneficiari, senza un reale interesse se non quello emulativo; potrebbero addirittura darsi dei casi in cui la prosecuzione di un trust fino alla sua scadenza naturale comporti il rischio se non la probabilità di un depauperamento del patrimonio, che sarebbe meglio tutelato a seguito di scioglimento e divisione, per motivi contingenti di volta in volta verificabili. Peraltro, così come avviene per le società, alle quali – almeno sotto questo punto di vista – l’istituto del trust può essere accostato, una durata molto lunga, anche eccedente la vita di uno o più beneficiari, potrebbe e forse dovrebbe essere considerata irragionevole e, quindi, giustificare la decisione dei beneficiari di sciogliersi dal vincolo prima del termine, così come previsto in tema di recesso ad nutum da società, rendendo quindi disponibile il patrimonio in precedenza segregato.